Cappella di San Mauro e San Donato

Nell’archivio parrocchiale di Boves c’è un libro che varrebbe davvero la pena vedere. È un libro vecchio e polveroso, incartapecorito direbbero le persone acculturate, e ne ha ben donde: risale al 1700! Come tutti i libri, racconta una storia, ma in questo caso è curiosa perché riguarda un edificio tanto

familiare alla gente di San Mauro, ma della cui origine si sa ben poco, per non dire nulla: la chiesa. Sfogliando questo libro, si possono scoprire dettagli davvero curiosi …

Le vicende della cappella di San Mauro cominciano il 5 aprile 1703, quando un tale, Giovanni Antonio Enrico, fu Tommaso, consegna al Monsignore di Mondovì una supplica con la quale chiede l’autorizzazione per edificare un edificio di culto. Il terreno scelto è stato donato alla comunità da Francesco Giuliano, detto Motu, e dagli eredi di Pietro Peano, scomparso poco tempo prima.

L’autorizzazione viene concessa e nel giro di pochi anni la chiesa è pronta e può essere consacrata. Fin dal principio si decide di intitolarla a due santi: l’abate benedettino Mauro, protettore dalle malattie e dai pericoli, e il vescovo di Arezzo Donato, invocato per proteggere i fedeli dall’epilessia, il “morbo sacro”. Nella tradizione popolare, infatti, gli attacchi epilettici erano interpretati come segni demoniaci e in quanto tali andavano scacciati con la preghiera e la fede. Alla nuova cappella, però, manca ancora il campanile, un simbolo e allo stesso tempo un utile strumento che scandisce le ore lavorative e le preghiere quotidiane.

Nel 1715, così, il pievano Ghigo inoltra alla Curia di Mondovì la richiesta per costruire un campanile quadrato. Questa viene accolta e in meno di un anno la torre campanaria è pronta. Manca però la campana, ma il 16 febbraio 1716 l’abate Carlo Felice Martino di Castelnovo, vicario generale del vescovo di Mondovì, monsignor Giovanni Battista Asnardi, concede la licenza di benedirne e installarne una. Il 7 marzo dello stesso anno, Luigi Antonio Dalmazo, cappellano di San Mauro e San Donato, può ufficialmente benedire la campana e completare così il l’edificio religioso.

Il campanile, però, è sprovvisto di parafulmine, e due secoli dopo, precisamente nel 19pagine 2 e 3 libro 170030, viene colpito da un fulmine e crolla. Quello che vediamo oggi, a base quadrata e in mattoni, è il nuovo campanile, eretto poco dopo l’incidente e con una nuova campana, benedetta e installata per concessione della Curia cuneese.

Tutte le informazioni relative al XVIII secolo si trovano riassunte nella terza pagina dell’opera conservata a Boves. Questa, come spiegato dall’autore nelle prime righe, è ufficialmente un libro contabile. A redigerlo e aggiornarlo è quello stesso Luigi Antonio Dalmazo, il cappellano che benedì la campana, su ordine del vescovo di Mondovì. Nelle pagine successive sono rendicontate le entrate e le uscite della chiesa, ordinarie e straordinarie. Abbondano, ovviamente, le spese per la legna e le provviste, ma saltano all’occhio anche spese aggiuntive per la polvere da sparo del 1724 (utilizzata per alimentare i mortaretti, primitivi fuochi d’artificio), per le reliquie (vero e proprio affare per attirare nuovi pellegrini e nuove offerte alla chiesa) e per un calice d’argento (oggi purtroppo scomparso).

I dettagli da scoprire sarebbero molti, ma occorre tempo e pazienza per leggere ogni singola pagina perché il testo è redatto a mano e in un italiano antico, quindi tutt’altro che scorrevole. All’archivio abbiamo ora aggiunto i libri contabili dei periodi successivi, che coprono il periodo fine ‘700 – inizio ‘900. Per ora li abbiamo salvati dalle intemperie e dal degrado, ma studiandoli a fondo  si potrebbero sicuramente aprire nuovi scenari e nuovi dettagli sulle vicende della chiesa e di San Mauro. Forse un giorno troveremo il tempo di andare a sfogliarli, per ora ci basta sapere che esistono e parlano dei nostri antenati.