Della vita del santo si ha conoscenza da un’antica ‘Passio’ scritta, secondo la tradizione, da Severino vescovo, suo secondo successore sulla cattedra vescovile di Arezzo. Bisogna però riconoscere che l’intera opera riporta notizie certe ma anche altre non confermate dalla storiografia ufficiale.
S. Donato nacque a Nicomedia (nell’attuale Turchia) ma, ancora fanciullo, si trasferì a Roma con la famiglia dove venne educato dal sacerdote Pimenio e fatto chierico. Suo compagno di studi e di formazione religiosa era Giuliano, futuro imperatore romano. S. Pier Damiani nei suoi Sermoni così commenta: “Ecco che nel campo del Signore crescono assieme due virgulti, Donato e Giuliano, ma uno di essi diverrà cedro del Paradiso, l’altro carbone per le fiamme eterne”. Salito a capo dell’impero e divenuto apostata, cioè rinnegato, Giuliano promulgò una nuova persecuzione contro la Chiesa: prima con l’interdizione ai cristiani dell’insegnamento nelle scuole, delle cariche pubbliche e della carriera militare e poi, nell’autunno del 362, anche con la violenza nei loro confronti. Nella città di Roma, furono vittime, fra gli altri, anche i suoi genitori ed il prete Pimenio.
Per questo motivo Donato fuggì ad Arezzo, dove venne accolto dal monaco Ilariano a cui si affiancò nell’apostolato, nella penitenza e nella preghiera. La ‘passio’ racconta di miracoli eclatanti: fece risuscitare una donna di nome Eufrosina; guarì una povera cieca, Siriana, alla quale donò anche la luce della fede; liberò dal demonio il figlio del prefetto di Arezzo, Asterio.
Venne ordinato diacono e sacerdote dal vescovo Satiro e proseguì la sua opera con predicazioni in città e nelle campagne circostanti. Alla morte del vescovo, venne scelto per succedergli e fu ordinato vescovo da papa Giulio I, proseguendo la sua opera con rinnovato zelo. Compì altri prodigi che gli diedero grande popolarità nel mondo cristiano e non solo. Una volta, durante la celebrazione della Messa, al momento della Comunione ai fedeli nelle due specie, mentre distribuiva il pane e il diacono Antimo distribuiva il vino, entrarono nel tempio alcuni pagani e con violenza mandarono in frantumi il calice del vino. Donato allora, messosi a pregare, raccolse i frammenti e li riunì, ma mancava un pezzo del fondo del calice: ciò nonostante, noncurante del buco, il vescovo continuò a servire il vino senza che esso cadesse dal fondo mancante. Nello stupore generale provocato dal miracolo, quel giorno ben 79 pagani si convertirono. Ma un mese dopo l’episodio il prefetto di Arezzo, Quadraziano, fece arrestare Donato e il compagno Ilariano i quali, vittime della nuova persecuzione indetta da Giuliano l’Apostata, vennero uccisi in piazza. Ilariano, monaco ad Ostia, perse la vita il 16 luglio e Donato venne decapitato ad Arezzo il 7 agosto.
Nell’arte religiosa Donato viene rappresentato in abiti vescovili e i suoi attributi sono il calice di vetro (in riferimento al miracolo) e il drago da lui combattuto vittoriosamente.